SCHIAVE
Il
nome Schiava deriva dal latino cum vineis sclavis
utilizzato nel medioevo (XII secolo) nel territorio longobardo (Veneto e
Lombardia del nord) per indicare le viti allevate a filare e quindi in
qualche modo "costrette" nel loro sviluppo. Questa espressione
si contrapponeva alla coltura classica nella zona delle viti selvatiche
(labrusca), che erano lasciate libere
di arrampicarsi sugli alberi, e che venivano anche denominate viti
maggiori o altane.
Schiava
Gentile
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Schiava
Grossa
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Con
lo stesso nome venivano indicati più vitigni che avevano in comune
alcune caratteristiche: alta fertilità, maturazione precoce, abbondante
resa in mosto. Ne risultavano uve dai grappoli pesanti e precoci che
richiedevano l'aiuto di un sostegno per non spezzare i rami
(tralci) non ancora strutturati.
Nello
stesso periodo compaiono citazioni di una varietà di uva Schlaft (dal
tardo-latino sclavenus corrispondente al latino vernaculus
= del posto) nel Trentino, da cui derivano rispettivamente i nomi
Schiava e Vernatsch con cui viene oggi designata quest'uva in quella
regione.
In
passato le varietà di Schiava più apprezzate erano quelle a bacca bianca, ma
nel diciannovesimo secolo si è diffusa maggiormente la varietà a bacca rossa,
in particolare una varietà a grappolo grande detta Magellana e una a grappolo
piccolo detta Gentile.
Oggi
esistono soltanto 4 varietà di Schiava iscritte al Registro Nazionale delle varietà di vite,
tutte a bacca rossa.
In
accordo con le origini storiche, le analisi
chimiche effettuate sulle varietà oggi coltivate permettono di raggruppare
le Schiave in due famiglie con origini geografiche diverse: una famiglia
comprende la zona padana della Lombardia e del Veneto un'altra famiglia è
invece costituita dalle varietà coltivate nel Trentino Alto Adige.
Tutte
le varietà hanno in comune la caratteristica di produrre vini dal sapore
gradevole e gentile, con poco colore e poca forza, che esprimono il meglio di
sé mescolati con altri vitigni, conferendo loro finezza.
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